Negli ultimi anni stiamo portando avanti in modo sempre più presente studi di farmacogenetica. La farmacogenetica è una disciplina della farmacologia che studia come le variazioni genetiche individuali influenzano la risposta ai farmaci. Al centro di questa scienza vi è il concetto che ogni individuo possiede un profilo genetico unico, che può determinare differenze significative nell’efficacia e nella sicurezza di un trattamento farmacologico. Questa consapevolezza ha segnato una svolta nel paradigma terapeutico tradizionale, aprendo la strada alla medicina personalizzata.
L’obiettivo principale della farmacogenetica è ottimizzare le terapie, identificando a priori i pazienti che potrebbero rispondere meglio a un determinato farmaco, quelli che potrebbero andare incontro a effetti collaterali gravi o coloro per cui il trattamento risulterebbe inefficace. Questo approccio si basa sull’analisi di geni coinvolti nei meccanismi farmacocinetici (assorbimento, distribuzione, metabolismo ed eliminazione del farmaco) e farmacodinamici (interazione del farmaco con il bersaglio biologico). Uno degli esempi più noti è rappresentato dal gene CYP2D6, che codifica per un enzima epatico coinvolto nel metabolismo di numerosi farmaci, tra cui antidepressivi, antipsicotici e analgesici oppioidi come il tramadolo e la codeina. Le varianti genetiche di questo gene possono determinare un’attività enzimatica nulla, ridotta, normale o ultra-rapida, influenzando in modo diretto i livelli plasmatici del farmaco e, di conseguenza, la risposta clinica del paziente. In soggetti metabolizzatori lenti, ad esempio, un dosaggio standard può provocare accumulo e tossicità, mentre nei metabolizzatori ultra-rapidi lo stesso farmaco potrebbe risultare inefficace per insufficiente concentrazione attiva. Altri geni di interesse includono TPMT (tiopurina metiltransferasi), fondamentale per la metabolizzazione delle tiopurine utilizzate in oncologia e in malattie autoimmuni, e HLA-B*57:01, la cui presenza è associata a gravi reazioni di ipersensibilità al farmaco antiretrovirale abacavir.
La farmacogenetica ha mostrato applicazioni cliniche rilevanti anche in oncologia, cardiologia, psichiatria e neurologia. In oncologia, per esempio, i test genetici predittivi aiutano a scegliere trattamenti mirati in base alle mutazioni tumorali, ma anche a valutare il profilo genetico del paziente per evitare tossicità gravi, come nel caso del gene DPYD, la cui mutazione comporta un alto rischio di tossicità da fluoropirimidine (5-FU, capecitabina). Un altro aspetto fondamentale è la variabilità interindividuale legata al sesso: uomini e donne possono esprimere in modo differente alcuni enzimi chiave del metabolismo, come i citocromi, con conseguenze cliniche significative. Questo evidenzia come la farmacogenetica debba essere integrata con altri parametri, tra cui sesso, età, stato ormonale, comorbidità e politerapie, per una vera personalizzazione della cura.
Nonostante le potenzialità, l’applicazione routinaria della farmacogenetica incontra ancora ostacoli, tra cui la scarsa formazione degli operatori sanitari e l’assenza di linee guida standardizzate per ogni contesto clinico. Tuttavia, i progressi nella genomica, la riduzione dei costi delle tecnologie di sequenziamento e l’accresciuta attenzione alla medicina di precisione stanno progressivamente colmando queste lacune. La farmacogenetica rappresenta dunque una frontiera strategica della medicina moderna: non più solo trattamento della malattia, ma cura della persona nella sua unicità genetica e biologica. Un passo avanti verso una medicina più efficace, sicura ed eticamente responsabile, a cui il nostro laboratorio vuole collaborare.